"De' musici è dorata questa terra che cantano improvvisi ogni bel punto"

Per cantar al liuto o sulla cetera: la tradizione del cantar versi del primo Rinascimento italiano

Concerto

Sabato 15 febbraio 2025, ore 19
Accademia Vivarium novum
Villa Falconieri, viale F. Borromini 5 - Frascati


Patrizia Bovi, voce e arpa

Crawford Young, liuto e viola da mano

Nelle corti rinascimentali italiane si ascoltava e si eseguiva musica proveniente da repertori i più disparati, dagli strambotti popolareschi, alle barzellette alle raffinate esecuzioni dei liutisti di corte, fino alle complesse polifonie dei compositori oltremontani. Un posto speciale era dedicato alla poesia cantata e all'epica improvvisata accompagnata dalla lira da braccio, dal liuto o dalla cetra.
Esistono numerose testimonianze di quest'arte estemporanea di cui Serafino Aquilano a Roma, Benedetto Gareth a Napoli, Antonio di Guido a Firenze, lo Zoppino a Venezia erano grandi maestri. L'ampiezza di questa tradizione è testimoniata dalle numerose cronache e dalle corrispondenze epistolari che descrivono con sincera ammirazione le performance di alcuni cantastorie che "all'improvviso" intrattengono vaste platee.
Non solo i cantori al liuto o i cantimbanco professionisti che accompagnandosi con la lira da braccio, o con la cetra, allietano la vita delle corti e delle piazze rinascimentali, ma anche umanisti come Poliziano, Niccolò Macchiavelli, artisti come Leonardo da Vinci, uomini di potere e d'armi come Federico da Montefeltro o Lorenzo de' Medici, solo per citarne alcuni esempi, condividevano a diversi livelli questa arte del cantar versi, o di comporre alla mente, sonetti, cantari, odi, capitoli e improvvisare anche in versi latini.

Questi rapsodi rinascimentali, depositari di una tradizione secolare, per veicolare i loro poemi e i racconti epici in ottava rima, si servivano di formule melodiche, di aeri, che facevano parte di un repertorio memorizzato e che a seconda del metro venivano scelti e magari variati così da generarne di nuovi. Gioseffo Zarlino nel trattato Le Istituzioni armoniche li descrive così:

«La quale Harmonia era terminata, et costituita sotto vn certo Modo, ouero Aria, che lo vogliamo dire, di cantare; si come sono quelli modi di cantare, sopra i quali cantiamo al presente li Sonetti, o Canzoni del Petrarca, oueramente le Rime dell'Ariosto. Et cotali Modi non si possono mutare, ouero alterare in parte alcuna fuora del loro terminato Numero, o Metro, senza offesa dell'vdito...»

... e ci ricorda che nella scelta dell'aria va rispettata la metrica, ovvero il numero delle note applicato alle sillabe.

Nel repertorio a cavallo tra la fine del '400 e la prima metà del '500, la nota dominante nei testi è quella che fa riferimento all'amor cortese, al "fin amour" di ascendenza trovadorica e che, passando per Dante fino a Petrarca, influenzerà tutta la produzione poetico musicale dei secoli XV e XVI. Le rime del Petrarca, infatti erano uno dei testi più letti, soprattutto nelle corti, durante tutto il '400. Vincenzo Colli detto il Calmeta, nella Vita di Serafino Aquilano del 1504, riporta che Serafino (il principe degli improvvisatori) ne memorizzò tutte le rime e sviluppò uno stile peculiare per cantarle. Questo stile lo rese famoso e gli permise di essere invitato presso le corti più importanti dove eseguiva cantando anche i suoi strambotti. Degli oltre 250 testi di strambotto a lui attribuiti non è rimasta nessuna composizione musicale che ne attesti la paternità, ne possiamo dedurre che usasse dei modi per cantar strambotti che venivano ogni volta scelti ad arte e che fossero adatti a mettere in luce il testo, sempre Calmeta afferma che:

«sono da essere essi stimati di sommo giudicio coloro che cantando mettono tutto lo sforzo in esprimer bene le parole... e fanno che la musica le accompagna con quel modo che sono i padroni da servitori accompagnati... facendo non gli affetti e le sentenze della musica ma la musica delle sentenze e degli affetti esser ministra».

La musica cede il passo, si mette al servizio della comprensione del testo, le arie scelte non devono essere nè troppo ricche di ornamentazioni nè troppo complesse nel contrappunto, altrimenti l'ascoltatore potrebbe perdere gli elementi essenziali del messaggio poetico, e nel caso delle lunghe narrazioni perdere il filo conduttore della storia.

La pratica del cantar versi rivestendo la poesia con melodie che ne rispettassero il metro e lo stato d'animo del poeta è documentata a partire da Dante fino alla seconda metà del '500 e traccia una panoramica del vastissimo universo dei cantori professionisti che eccellevano in quest'arte improvvisativa.
Canterini, ma anche umanisti, cortigiani e buffoni; tra questi alcuni cantori ciechi che avevano sviluppato in maniera eccezionale quest'arte dove la memoria era l'elemento centrale e che, a causa della loro menomazione, avevano raggiunto livelli altissimi, basti ricordare, tra i tanti, il canterino Niccolò Cieco da Firenze che grazie al suo agente Michele del Giogante che lo ha trascritto, nel dicembre del 1435, ci ha lasciato un trattato sul "principio di imparare l'arte della memoria".
Tracce delle melodie per cantar capitoli, stanze, sonetti sono conservate in alcune intavolature per liuto e strumenti a tastiera della seconda metà del Cinquecento oltre che in edizioni a stampa di repertori polifonici dei primi anni del secolo (Petrucci, Antico, Caneto). Alcuni manoscritti di metà quattrocento, di provenienza napoletana e senese, riportano i primi esempi di strambotti e due arie per cantari toscani. Grazie a questi materiali e alla rilettura di essi possiamo cercare di restituire una prassi scomparsa, ma così centrale nella formazione umanistica del perfetto Cortegiano.
Nino Pirrotta in un suo saggio definisce la tradizione non scritta La musa assente, una musa alla quale è necessario ridare la voce se vogliamo capire la dimensione di un fenomeno che a partire dai primi anni del Quattrocento si afferma sia in ambito cortese che in quello popolare e che continua nei secoli ad essere praticato in maniera soggiacente a tutti i generi musicali, nella tradizione orale, fino ai nostri giorni.


Modalità di partecipazione

Ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria scrivendo a concerti@vivariumnovum.net (entro e non oltre le ore 16 di venerdì 14 febbraio).

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